lunedì 8 ottobre 2012

«The hands resist him»: il mistero del quadro “maledetto”.

Quello degli oggetti maledetti è stato sempre un argomento molto affascinante, antico quanto l'uomo e che ha avuto i protagonisti più svariati: bambole, macchine, case, canzoni e chi più ne ha più ne metta, basti pensare ad uno degli episodi più famosi, quello della celebre maledizione del faraone Tutankhamon, che avrebbe colpito tutti gli uomini che presero parte alla spedizione archeologica di Howard Carter nel 1922. In questi casi le leggende e le dicerie si moltiplicano e non si riesce più a distinguere la realtà dalla superstizione, le spiegazioni razionali sembrano tardive ad arrivare, quasi spaventate dalle circostanze sovrannaturali.
Recentemente, lo scrittore Dan Brown, con il suo “Codice da Vinci”, ha riportato l'attenzione su questo argomento, ipotizzando l'esistenza di una serie di indizi esoterici che il pittore italiano Leonardo da Vinci avrebbe nascosto nei suoi quadri, come una maledizione.
In effetti, anche nel mondo dell'arte figurativa, c'è un episodio tetro e misterioso: il protagonista però non è Leonardo o l'opera di qualche altro famoso pittore, ma una piccola tela dipinta nel 1972 dall'artista americano Bill Stoneham, dall'enigmatico titolo «The hands resist him», traducibile come “le mani gli resistono”.
Questo quadro ha fatto molto parlare di sé a partire dal febbraio 2000, quando venne messo all'asta sul sito di eBay, presentato come un dipinto stregato portatore di una maledizione. La fama che avvolge quest'opera è talmente diffusa, che anche la serie tv «Supernatural» ha omaggiato in una puntata la leggenda metropolitana del quadro maledetto, presentandolo come un ritratto di famiglia portatore di sciagure.

La tela infestata nella serie "Supernatural"
Ma cosa si cela realmente dietro questa tela dalla fama così lugubre? La storia sembrerebbe questa: venne depositato in una galleria d'arte di Los Angeles durante i primi anni '70 ed acquistato dall'attore John Marley, il Jack Woltz del film «Il Padrino». Alla morte di Marley il dipinto fu rinvenuto in una vecchia fabbrica da una coppia di coniugi, che decisero di prenderlo, per poi pentirsene e metterlo all'asta su eBay nei primi mesi del 2000.
Secondo la coppia il quadro era stregato: essi sostenevano che, di notte, i personaggi del dipinto uscissero dalla tela in cui erano confinati o emettessero rumori strani, l'annuncio terminava con un esonero di responsabilità da parte dei venditori, nel caso in cui il dipinto avrebbe creato problemi al nuovo acquirente (del resto, uomo avvisato mezzo salvato, si è soliti dire).

"The hands resist him" - Bill Stoneham
L'oggetto in questione, non è nulla di esaltante sotto il profilo artistico, ma dopo i primi secondi comincia a farsi strada nell'osservatore un senso di inquietudine. In effetti, c'è qualcosa che non va in questo dipinto: in primo piano si osservano due bambini, una maschio ed una femmina, lui guarda dritto verso l'osservatore, ella invece è posta di profilo e osserva il bambino, dietro di loro c'è solo una porta vetrata, da cui si intravedono solo delle minacciose mani che emergono dalle tenebre e cercano di lambire il bambino.
Solo a presentarlo così si sentono i brividi correre lungo la schiena, ma l'inquietudine e lo smarrimento aumentano quando si focalizza l'attenzione su alcuni agghiaccianti particolari che, a prima vista, sfuggono: se si osserva il bambino si noterà che presenta un volto quasi adulto, del tutto innaturale per la sua età (avrà circa 5 o 6 anni), una fronte alta e stempiata da cinquantenne e due occhi arcigni e piccoli, che sembrano seguire lo spettatore. Certo, una sensazione simile si ha anche guardando «la Gioconda» (tanto per tornare in tema di Leonardo), ma mentre lo sguardo di “Monna Lisa” è solo leggermente enigmatico, lo sguardo del bimbo di «The hands resist him» mette soggezione, scrutandoci con uno sguardo torvo, quasi assassino, più lo si fissa, più la faccia dell'uomo adulto su un corpo da bambino smette di essere buffa e incute soggezione.

L'enigmatico sorriso di Monna Lisa
La bambina sulla sinistra presenta, invece, una sorpresa ancora più spaventosa: non si tratta di una compagna di giochi del ragazzino, ma di una grossa bambola con addosso un vestitino celeste, lo si capisce osservando la bocca e le ginocchia, che evidenziano le giunzioni meccaniche tipiche di un bambolotto. Il particolare peggiore, però, è che non ha gli occhi, ma sembra fissare il piccolo affianco a lei con le cavità oculari vuote, completamente nere, reggendo fra le mani uno strano oggetto cilindrico, che somiglia ad una grossa batteria.

Particolare del quadro: la bambola e lo sguardo torvo del bimbo
Per concludere l'analisi si osserva la porta finestra sullo sfondo che mostra all'interno la più totale oscurità, da cui emergono delle raccapriccianti mani che sembrano bussare per uscire o per ghermire i due personaggi in primo piano, salendo con lo sguardo, si nota anche la presenza di uno strano globo grigiastro (forse dietro la porta) che si trova proprio sopra la grande testa del fanciullo.
Il tema delle mani, pronte a ghermire il soggetto, è un tema che si ritrova in un dipinto di Munch, «Le mani» , ed in effetti la sensazione che si prova di fronte ai due quadri è simile: proviamo angoscia e claustrofobia per tutte quelle mani che convergono verso un punto.

"Le mani" - E. Munch
Se già la descrizione può bastare per incutere timore, le testimonianze che la famiglia fornisce sul dipinto peggiorano soltanto la situazione: in particolare condizioni di luce notturna (è scontato dirlo, altrimenti che maledizione sarebbe?) sembrerebbe che la batteria tenuta in mano dalla bambola si fonda con una parte della porta finestra e si trasformi una rivoltella, con cui il giocattolo antropomorfo minaccia il bambino alla sua destra, costringendolo ad uscire dal dipinto, tanto che sembra che egli emerga dalla tela!
Fra le raccomandazioni aggiuntive che i venditori fornivano si diceva di tenere il dipinto lontano dai bambini e di non metterlo come salvaschermo del computer o del cellulare, veniva inoltre consigliato che l'acquirente fosse sano fisicamente e psicologicamente e che possedesse conoscenze, seppur rudimentali, in materia di sovrannaturale e si rimarcava la completa assenza di responsabilità da parte del venditore.

Particolare: la bambola impugna la "pistola"
Le interpretazione fantasiose fioccarono, tanto che qualcuno ipotizzò che l'artista avesse dipinto l'opera basandosi sul ricordo di una violenza subita da piccolo o su un fatto di morte di cui era stato spettatore.
Nonostante la lugubre storia e i duri avvertimenti, il dipinto ricevette più di 30 offerte e venne acquistato da un misterioso “Lucky Bidder” per la somma di 1025 $ (l'offerta iniziale era di 199 $).
L'acquirente, che era la Perception Gallery in Grand Rapids, Michigan, che contattò infine l'artista (il cui nome si trovava sulla tela, in basso a destra) per metterlo al corrente della curiosa vicenda.
Così Bill Stoneham raccontò la storia del dipinto e spiegò alcuni misteri: il bambino era egli stesso, ritratto basandosi su una sua foto all'età di 5 anni, la porta dietro di lui rappresenta la linea che divide il mondo reale da quello onirico e delle possibilità, la bambola alla sinistra, che regge fra le mani la batteria che serve ad alimentarla, è la guida che deve scortare il ragazzo attraverso questo mondo ed infine, le mani minacciose dietro il vetro, rappresentano le infinite possibilità e le varie alternative di vita. Curioso come un quadro stregato e portatore di una maledizione, fosse semplicemente una rappresentazione in chiave onirica dell'infanzia, con una nota di ottimismo dovuta alle infinite possibilità che la vita ci offre, alla faccia di tutti coloro che ipotizzavano episodi di pedofilia o di morte come ispirazione del quadro!
Questa visione dell'infanzia sognante, mi fa venire in mente un dipinto di Dalì, intitolato «Lo spettro del sex appeal», dove il pittore ritrae se stesso da fanciullo (vestito da marinaretto) mentre osserva una strana costruzione tenuta su da alcune stampelle, le analogie con il “dipinto maledetto” sono moltissime: l'autoritratto da bambino, il clima enigmatico e gli oggetti misteriosi che comunicano ansia.

"Lo spettro del sex appeal" - S. Dalì
Il “quadro maledetto”, quindi, non è maledetto? Eppure Stoneham, in un'intervista rilasciata, ricorda che sia il proprietario della galleria in cui il quadro fu esposto la prima volta che il critico d'arte che lo aveva recensito per il giornale L.A. Times, morirono entro un anno, dopo essere entrati in contatto con l'opera. Che il dipinto porti sul serio un po' sfiga o ci troviamo di fronte a coincidenze fortuite e poco simpatiche? Oppure si tratta soltanto un'astuta mossa di Stoneham per alimentare la fama del dipinto?  


Va detto, in effetti, che a Stoneham fu commissionato un “seguito” del dipinto, intitolato «Resistance at the Threshold» che raffiugura i personaggi a 40 anni di distanza, ed un terzo “capitolo” dal titolo «Threshold of Revelation» come a voler configurare una sorta di trittico; l'artista sembrerebbe anche aver stipulato un accordo con gli acquirenti del primo quadro, per poter venderne copie autografate in tre diverse dimensioni! 
Il dipinto, inoltre, ha avuto un notevole riverbero nella cultura popolare: è stato usato come copertina di un album dalla band canadese Carnival Divine e compare nel manga Bleach, nel cortometraggio «Sitter» del 2005 ed anche nel videogame Scratches (curiosamente, sia il film che il gioco provengono dall'Argentina), donando una notevole popolarità all'artista Stoneham!
Come si è soliti dire “non tutto il male viene per nuocere”... e, ad essere sincero, lo spero anche per me che ho parlato di questo dipinto!

                                                                                                             - P.


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