mercoledì 5 dicembre 2012

Intervista: quattro chiacchiere con Michele Laurenzana

Michele Laurenzana è nato a Modena nel 1983, geometra e laureando dell'Università Politecnica delle Marche al corso di laurea specialistica in Ingegneria Edile-Architettura.
Ha partecipato a vari concorsi in ambito architettonico ed urbanistico e nel 2008 ha seguito la promozione di un gruppo (i Milagro) per San Remo Giovani. “La Segreta Verità” è il suo primo romanzo.
Mi sono trovato a conoscere Michele in un'occasione un po' particolare all'università e, affascinato dalla sua esperienza per certi versi simile alla mia, ho deciso di chiedergli un'intervista per il nostro blog che voglio condividere con i lettori.


P: Allora, sarà un po' banale come inizio, ma la prima domanda che voglio farti è come hai coltivato nel tempo il rapporto con la scrittura, partendo sin dall'adolescenza.
M: È una cosa nata dai tempi delle superiori, perché la professoressa di italiano delle superiori ci dava delle tracce tematiche e noi dovevamo costruirci un racconto sopra. Durante l'infanzia non è che abbia letto moltissimo, leggevo giusto i libri più banali e più stupidi che ti davano da leggere, però da questo input di inventare storie è partito tutto tant'è che nei temi avevo voti molto bassi, mentre quando invece bisognava inventarsi dei racconti prendevo anche voti molto alti che la professoressa non dava mai. Da lì è nata la passione del leggere e dell'approfondire, invece “La segreta verità” è nato quasi come uno sfogo iniziale, un diario di viaggio di un periodo della mia vita un po' particolare, poi adattato in un racconto lungo.

P: Il luogo comune vuole l'ingegnere come una persona molto schematica, anche se in realtà questo tuo aspetto mi ricorda molto Carlo Emilio Gadda, autore del libro “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, anch'egli ingegnere. Mi interesserebbe sapere come lo studiare in una facoltà come Ingegneria Edile-Architettura abbia contaminato il tuo rapporto con lo scrivere, visto che mi ritrovo io stesso in una situazione analoga alla tua: personalmente ho visto come questa facoltà mi abbia dato lo stimolo ad essere più ordinato nel pensare. Vorrei sapere se anche tu hai avuto provato qualcosa di analogo o se tieni separati i due ambiti, lo studio e la passione letteraria.
M: Come te frequento un corso che è sì di Ingegneria, ma è appunto Ingegneria Edile-Architettura, che rappresenta un po' questo dualismo che ho sempre avuto dentro: apparire una persona seria ma tenere dentro una vena artistica ed estroversa, ho fatto teatro per due anni.
Proprio l'aspetto architettonico è importante: con un edificio, aldilà della funzionalità, devi cercare di trasmettere emozioni, paradossalmente nel raccontare una storia, seppure le modalità siano diverse, lo scopo è lo stesso. Il fatto di avere una storia da raccontare rappresenta forse l'ambito più architettonico, ma l'aspetto ingegneristico, confermando quello che dicevi tu, mi ha aiutato a mettere dei paletti e a raggiungere l'obiettivo in maniera più concreta.

P: Volendo fare un paragone, ho sempre pensato che costruire una storia sia un po' come costruire un edificio...
M: Quando si progetta, si è abituati a farsi uno schema: si punta l'obiettivo finale e si vedono quali strade portano a questo obiettivo, inserendo così i vari tasselli che ti portano a realizzare una costruzione. Ho applicato gli stessi principi nello scrivere il libro: avevo un obiettivo finale (che mi ero scritto) ed ho cercato delle caratteristiche che permettessero alla storia di “stare in piedi” (ndr: altro paragone ingegneristico!). Ho applicato dei metodi “scientifici” su qualcosa che di scientifico aveva ben poco, la storia in sé per sé l'ho realizzata in circa un mese, poi ho solo rielaborato quanto ideato all'inizio.

P: Parlando proprio del romanzo... Quali sono state le tue influenze? Mi riferisco sia alle esperienze biografiche che, come sappiamo, formano una persona e sono spesso fonte di ispirazione, sia a livello artistico quei personaggi che per te hanno avuto un peso rilevante nel formare il tuo stile.
M: Quando ho iniziato a scrivere il mio romanzo non stavo vivendo un periodo particolarmente bello della mia vita. La notte del concepimento della storia risale ad una sera, durante la quale sono andato con alcuni amici al cinema a vedere “Shutter Island”: mi ha affascinato come, nel finale, dopo quasi tre ore di film lo spettatore si rendesse conto di non aver capito nulla della trama del film. Da questa fascinazione per un regista o uno sceneggiatore capace di ideare una storia così articolata, ho avuto la voglia di mettermi in gioco e sfidare me stesso per vedere se ero capace di realizzare una storia, anche se sapevo di non avere nessuna base letteraria solida. Ammiro molto Baricco, soprattutto per il suo particolare uso della punteggiatura che sembra dare più valore alla parola, ma anche Stefano Benni, per il modo di dare un risvolto apparente ed illusorio alla storia.
A livello personale, è stata la vita stessa a dare corpo al nucleo de “La segreta verità” che ho cercato di adattare ad una storia quasi cinematografica: proprio questo è quello che la gente sembra apprezzare di più del mio romanzo. Probabilmente più che farmi influenzare da scrittori ho preferito seguire più un filone cinematografico.

P: È molto interessante questo dualismo con il cinema: personalmente anche io guardo molto al rapporto fra l'arte ed il cinema, credo sia limitante vedere le varie arti come compartimenti stagni separati fra loro... Mi ha molto colpito questo tuo essere “regista” del tuo romanzo.
M: L'arte non può essere univoca, quando scrivi una storia giochi a fare Dio: mentre negli altri campi sei spesso manovrato da altre persone quando inventi un racconto sei tu che scegli i personaggi, dai loro un nome, un volto e delle caratteristiche... Diventi effettivamente il regista della tua storia. Piuttosto che applicare un modo di fare “scientifico”su come scrivere una storia, però concepire una storia con gli occhi di un regista aiuta tantissimo: ok lasciare libera la fantasia del lettore ma devi dargli tutto, ad esempio io ho inserito molte canzoni nel romanzo, che è una tattica cinematografica.

P: “La segreta verità” è figlia dell'esperienza che hai vissuto... Quale è stato l'iter di formazione del romanzo? Trovo molto bella questa ambivalenza fra l'ispirazione che hai avuto dal film “Shutter Island” e il periodo non bellissimo che stavi vivendo.
M: Se volessi dirtelo a livello schematico sarebbe: periodo particolare, quindi magari avere una persona o un modo con cui sfogarmi... Quindi questa storia che già esisteva, attendeva solo di essere liberata. Un periodo piuttosto lungo di incubazione, quindi: casualmente ho visto quel film e da lì ho avuto la folgorazione per sviluppare la storia. C'era un sostrato che era come una pentola a pressione ed il film è stato il tappo!
Avevo l'inizio e la fine, ma per arrivare alla fine dovevo scrivere cosa accadeva nella parte centrale, altrimenti avrei avuto un'opera incompiuta, ho scritto tutta la storia lavorando notte e giorno in circa un mese. L'incontro casuale con la mia professoressa delle superiori mi ha dato lo stimolo in più per riadattare questo diario in una storia vera e propria.

P: Del film “Shutter Island” ti ha affascinato che ci sia una storia con un finale “a sorpresa” e questa cosa l'hai riscontrata anche nelle opere di Benni. Visto che dici tu stesso che “La segreta verità” è frutto dell'esperienza personale secondo te può essere che, effettivamente, la vita dia dei messaggi o dei segnali che noi fraintendiamo o capiamo solo alla fine?
M: A livello personale questo di sicuro: molti di noi vivono dei percorsi a cui non riusciamo a comprendere ma prima o poi arriverà il momento in cui tutto sarà rivelato, sono frasi dette mille volte ed ognuno le avrà già sentite dagli amici. Nella storia non potevo rendere questo aspetto troppo biografico per motivi personali, per cui sebbene molti personaggi del libro esistano veramente sono stati romanzati, ho cercato di mettere determinate caratteristiche all'interno della storia che potessero un po' avvicinarsi a tante persone... anche perché poi, chi valuta il valore di un racconto è il lettore. Il bello del raccontare una storia ed arrivare alla fine, credendo di aver capito una cosa, e poi, proprio nelle ultime righe, capisci che tutto si rivoluziona, credo rappresenti un po' la vita in generale: uno crede sempre di aver capito tutto ma poi si rende conto di non aver capito proprio nulla... conosci una persona ma non la conoscerai mai fino in fondo. In maniera estremizzata posso dire che la storia dei personaggi, sebbene unica, è un po' la storia di tutti noi.

P: Hai parlato di cinema e del rapporto che ha la tua scrittura con il mondo del cinema, mi hai detto di aver studiato per diversi anni teatro... In che modo il teatro ha contaminato il tuo stile narrativo?
M: Principalmente per i dialoghi: a volte leggo dei libri con dei dialoghi molto banali, sono un aspetto sottovalutato in quanto aiutano il lettore ad immaginarsi ancora meglio la scena. Ho cercato di non metterne troppi, ma nei dialoghi ho applicato quanto ho imparato a teatro... Quando scrivevo scrivevo con la musica, mi immaginavo che se una scena dovesse essere trasposta al cinema avrebbe dovuto avere quella musica, per trasmettere meglio determinate emozioni. C'è una scena in particolare, verso la fine del libro, che paradossalmente, mentre la scrivevo, avevo proprio la sensazione di vuoto allo stomaco perché sentivo di viverla davvero tanto!

P: Direi che è il caso di avviarsi verso la conclusione, ma prima avrei qualche altra domanda... Sei molto giovane, così come me, e vorrei sapere come vivi questo essere uno scrittore, giovane ed universitario.
M: È una cosa un po' particolare, perché o ti ritrovi a fare interviste (ndr: come in questo caso!), ricevi proposte da parte di alcuni blog, altre volte dei giornali mi chiedono di scrivere determinati articoli... Sembra quasi che mi venga chiesto un senso di responsabilità, come se il mantra fosse “tu hai scritto quindi puoi fare qualcosa in più per raccontare qualcosa”. Il più delle volte rinuncio a questi impegni così grossi, perché è un senso di responsabilità troppo grande, perché la gente si ritrova non più a giudicare un'opera ma il tuo modo di pensare o di esprimerti su alcuni argomenti di attualità. Non credevo che una cosa del genere potesse appartenermi, ricevo degli inviti che non mi aspettavo... Mi sono ritrovato ad avere l'interesse da chi fa parte del mondo del cinema, come Paolo Genovese, che mi ha contattato su facebook, altri personaggi del mondo dello spettacolo che hanno letto il romanzo sono stati Mandelli e Cevoli.  

P: Sono incuriosito da quest'ultimo aspetto: proprio da facebook, mi dicevi, è partito questo tam tam del romanzo, un aspetto della vita moderna è proprio l'essere tutti connessi fra noi grazie a questa rete virtuale... Aldilà dei vari aspetti sociologi, sui quali è meglio non approfondire se vogliamo tornare entrambi a casa presto, quanto il tuo romanzo è figlio della modernità ed in particolare dei social network?
M: Tanto... Nella trama c'è un forte legame con il mondo della tecnologia: i social network entrano prepotentemente nel mondo della storia, si parla di facebook o di twitter come di modi per creare legami, per approfondirli, per spezzarli o per carpire informazioni... e questo comunque fa parte del nostro mondo. Dall'altro lato i social network sono stati il modo in cui ho pubblicizzato il romanzo: ho aperto sia la pagina facebook che la pagina twitter. su facebook ci sono i tuoi amici che ti danno una mano ma fino ad un certo punto, l'aiuto più grande l'ho avuto più dagli sconosciuti (perlopiù celebrità del mondo dello spettacolo) su twitter che erano realmente interessati a quento stavo producendo... La vera promozione l'ho avuta da twitter e non da facebook.

P: Prima di chiudere... progetti in cantiere, non a livello edilizio ma letterario, ci sono? Oppure “La segreta verità” rimarrà un'esperienza isolata?
M: No, isolata no di sicuro. Attualmente ho degli impegni che sono quelli della laurea e sono concentrato su quelli, una volta terminato questo percorso tornerò a scrivere perché è una cosa che mi piace, probabilmente mi dedicherò a degli spazi blog. Cercherò di portare avanti sia la professione dell'edilizia sia la passione della scrittura.

P: Grazie per il tempo che mi hai concesso, facciamo un saluto a tutti i lettori del blog!
M: Grazie a te! Saluto tutti i lettori del blog The Philosopher's Cave!


Per chi volesse approfondire la conoscenza del libro di Michele Laurenzana, lascio il link al sito ufficiale ed invito chiunque a prendersi una copia di questo romanzo! www.lasegretaverita.tk


                                                                                                              - P.

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